L'orgoglio a Lugano

Dal 28 maggio al 3 giugno, per la prima volta la Svizzera italiana ospita un “Gay Pride”, la manifestazione per i diritti di lesbiche, omo, bi e transgender (LGBT). Ne abbiamo parlato con il presidente del comitato organizzatore Mattia Modini.

Qual è lo scopo principale di questa manifestazione?

Il Pride è nato nel 1969 a New York attorno al Stonewall Inn, un bar di Manhattan dove si incontrava la comunità LGBT, dunque lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Il locale era teatro insulti e arresti da parte della polizia. Durante l'ennesima retata, nel giugno del 1969, il gestore e i clienti si ribellarono e organizzarono una dimostrazione che si concluse in una lotta per strada contro le forze dell'ordine. Tale avvenimento viene ricordato e celebrato in molti Paesi con una parata annuale chiamata Christopher Street Day o Gay Pride.

Ma la situazione è cambiata in questi 50 anni.

La situazione delle persone LGBT in Svizzera è migliorata, ma l'avanzamento culturale e in materia di diritti spesso non risulta sufficiente di fronte ai comuni pregiudizi e alle forme di discriminazione e odio ancora presenti.

Come è maturata la decisione di organizzare il Pride 2018 a Lugano?

Dagli anni ‘90 in Svizzera c'è un Pride nella Svizzera tedesca, che si svolge sempre a Zurigo, e un Pride nella Svizzera romanda, ospitato ogni anno in una città differente. Da tempo ci è stato chiesto di organizzarne uno anche qui, ma fino ad ora, anche se sentivamo la necessità di aprire un dibattito pubblico visto che ci sono ancora discriminazioni e stereotipi in Ticino, non avevamo sufficienti risorse per organizzarlo. Due anni fa tre associazioni, Imbarco Immediato, Network e Zonaprotetta, attive nella Svizzera italiana per la promozione dei diritti e della salute delle persone LGBT, hanno unito le forze per portare avanti il progetto.

Come hanno reagito le autorità?

Molto positivamente. Non solo a Lugano, dove si svolgerà il Pride, ma pure a Locarno e Bellinzona, dove abbiamo avuto colloqui per sondare il terreno.

Nel vostro comitato sono tutti uomini. Come mai non ci sono donne?

Il comitato è composto da tre uomini, ma è un caso. Ci sono anche donne all'interno del team.

Il culmine della manifestazione sarà la parata del 2 giugno sul lungolago di Lugano. Leggendo alcuni commenti sui social network, molti si chiedono perché si debba portare il proprio orientamento sessuale sulla strada in modo quasi carnevalesco.

Non è carnevalesco. Viviamo in un Paese libero, fortunatamente, e portiamo alla luce del sole quello che siamo, senza nasconderci, in modo solare e festoso. La parata è l'apice della manifestazione ma ci sono tanti altri eventi: dibattiti, incontri culturali e di approfondimento. L'opinione pubblica si concentra sulla parata, in quanto le immagini vengono trasmesse sui media e, purtroppo, spesso vengono riprese le situazioni più provocatorie, tralasciandone altre. Il Pride è frequentato da un pubblico molto eterogeneo: LGBT, ma anche famiglie ed eterosessuali.

Oggi l'opinione pubblica è cambiata come pure la legislazione, ad esempio con la possibilità delle unioni registrate. Ha ancora senso di parlare di discriminazione delle persone LGBT?

Sì, basta vedere il rapporto ILGA Rainbow Europe, in cui la Svizzera figura al 26° posto in Europa. Dunque, c'è ancora molta strada da fare, in particolare riguardo a omo e transfobia e bullismo omofobico, molto presente nelle scuole. L'unione registrata introdotta nel 2006 è stato un grande passo, ma c'è ancora tanto lavoro da fare.

Secondo lei in Ticino c'è più tolleranza rispetto al resto della Svizzera?

C'è meno tolleranza. Siamo simili ad altre realtà rurali del Paese – un po' come Glarona o Appenzello. Ovviamente nelle grandi città la situazione è diversa.

Secondo lei esistono discriminazioni sul posto di lavoro?

Sì, molte persone hanno paura di esporsi per paura di ripercussioni. Lo sappiamo dai colloqui che facciamo come associazioni con i nostri membri.

La scuola probabilmente rimane il posto più delicato per episodi di bullismo. Potete fare sensibilizzazione?

La possiamo fare se veniamo invitati alle giornate autogestite oppure dai docenti e istituti scolastici. Non possiamo andare nelle scuole per propagandare le nostre attività. Dunque, dipende dalla sensibilità dei docenti e, in generale, dal Dipartimento di educazione.

Torniamo al Pride Lugano. Il 2 giugno ci sarà anche un intervento del consigliere federale Ignazio Cassis. Come siete riusciti a convincerlo?

Il discorso di un consigliere federale è una tradizione ai Pride. Spesso interviene la consigliera Simonetta Sommaruga, direttrice del Dipartimento federale di giustizia e polizia, visto che tante delle nostre questioni sono di natura giuridica. Se quest'anno abbiamo invitato Cassis quale consigliere federale della Svizzera italiana al primo Pride della Svizzera italiana è perché, quando era medico cantonale, aveva contatti con la comunità LGBT in Ticino, dimostrandosi sensibile alle nostre tematiche.

Come mai l'UBS è sponsor principale della Pride Lugano?

L'UBS si impegna molto a favore della diversità. Al suo interno esiste un gruppo di dipendenti LGBT. Partecipa e sostiene da parecchi anni i Pride in Svizzera e voleva essere presente anche per la prima Pride in Ticino. Il target LGBT è interessante Spesso si tratta di persone con una disponibilità finanziaria elevata.

Da quest'anno le coppie omosessuali e i concubini possono adottare i figli del partner. È stato un passo importante per la vostra comunità?

Molto importante, soprattutto per le famiglie arcobaleno, che in Svizzera sono molte. Per vari motivi hanno figli, ad esempio perché uno dei partner ha avuto un figlio in una precedente relazione eterosessuale. Con questa legge c'è più tutela per i bambini.

Quali aspetti legislativi sono ancora aperti e da risolvere?

Nei prossimi anni ci sarà il dibattito sul “Matrimonio per tutti”. Vogliamo che non ci sia più una differenza tra matrimonio civile e unione domestica registrata. L'Europa sta andando in questa direzione, noi siamo ancora un po' fermi.

Nei giorni scorsi c'è stata la polemica sul gruppo “Helvetia Christiana” a cui è stata negata l'autorizzazione di pregare in piazza a Lugano durante la Pride. Condivide questa scelta?

Non posso entrare nel merito di questa decisione perché non conosco i dettagli. Noi non siamo stati coinvolti. Posso dire, però, che abbiamo valori molto diversi da questo gruppo religioso, ma non abbiamo niente contro le preghiere e la religione.

Il ritratto

Mattia Modini (40) vive nel Locarnese e lavora nel settore della comunicazione a Lugano. È co-coordinatore di “Imbarco Immediato”, un'associazione creata da gay e lesbiche nel 2006 a Bellinzona, ed è presidente del comitato per il Pride 2018, che si svolge a Lugano dal 28 maggio al 3 giugno, organizzato insieme a Network e Zonaprotetta. Il Pride luganese proporrà diversi eventi che spazieranno da teatro, musica, danza, aperitivi, sport e dibattiti al party e alla tradizionale parata.